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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

254874
Saltini, Guglielmo Enrico 50 occorrenze
  • 1862
  • Le Monnier
  • Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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Le arti belle in Toscana da mezzo secolo XVIII ai dì nostri

correggendo le molte ma non sempre sicure che già possedevamo, spargessero lume dove rimaneva ancora tanta incertezza. Meglio chiarire la esposizione

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veduta Roma, si dette ad operare e non senza lode. Sono ivi di suo disegno la Canonica di Santa Maria delle Carceri, la porta del collegio Cicognini e l

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, mutarono le sorti della Toscana, e quel lavoro rimase sospeso, finché sotto i Francesi lo finiva il Cacialli. Pure non mancarono al Poccianti, nominato

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FRANCESCO PACCAGNINI di Montalcino (n. 1780, m. 1832) non mancò di sapere. È fatta sul suo disegno la bella scala del convento di Sant’Agostino a

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Non pertanto mentre fiorivano in Toscana gli architetti fin qui ricordati, altri ancora studiavansi esercitare l’arte loro con amore e con gusto

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strada che va da Orsanmichele al Bigallo; utilissima opera che non gli fu concesso vedere ultimata.

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opere non senza pregi. — LORENZO SANTI fu pure di Siena (n. 1783, m. 1839); sebbene, compiuti a Roma gli studj, passasse a Venezia, e nominato

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principale come architetto. Il palazzo Pretorio in Pisa, la cui facciata, avuto mente alla forma dell’antica fabbrica, presenta pregi non comuni; e in

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sarebbero compresi nell’antico edifizio molti fabbricati estranei, e tra gli altri la banca dei pagamenti. Ma i troppo magnifici concetti non sono pei tempi

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noi; però ci sembrano almeno sufficienti a provare che non dorme neghittosa, nè schiva, secondo lo concedono i tempi, i precetti e gli esempi dei sommi

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concetto prima di cercar nelle forme il modo di rappresentarlo, sogno di mente poetica; bisognava imitare certi modelli allora in voga, non dipartirsi

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Non pertanto Pietro Leopoldo I riformando l’Accademia di Belle Arti, nella speranza di ridestarle dal letargo in che erano miseramente cadute, volle

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Pompeo Giuseppe Signorini, sono degni di ammirazione; questo singolarmente, ove a ricordare le virtù del defunto, che fu non timido amico del vero, l

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scultura. Dire quali fossero le sue prime opere, i suoi studj artistici, i viaggi che intraprese anche in regioni straniere non è da questo luogo; basti a

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rivolse intiera allo studio del vero, e non greca la volle o romana, sibbene per naturali bellezze sublime. Trovato un concetto filosofico e sempre

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Contemporaneo al Bartolini e non indegno di stargli appresso fu il fiorentino LUIGI PAMPALONI (n. 1791, m. 17 dicembre 1847). Dei meriti di questo

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. 1781, m. 1854), seppe dell’arte tanto da non essere dimenticato, quando si allogarono le statue degli illustri toscani, e nel 1845 fece quella di

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Però non crederemmo avere sodisfatto intiero l’obbligo nostro, se dopo aver parlato della Scultura, non ricordassimo quel bravo CLEMENTE PAPI, che ha

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rifiorire tra noi, dandole maggiore incremento e molto più utili applicazioni. A chi ha veduto il R. Museo fiorentino di Fisica e Storia Naturale, non sono

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Non pertanto questa presente istoria delle arti nostre, che quasi ci vedemmo svolgere sotto gli occhi, o perchè sembrassero vietarlo rispetti di

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della più vera amicizia. Da lì in poi il Susini non si occupò d’altro che del disegnare e modellare membra umane, e tal volta intieri corpi. Molti Musei

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esterni e superficiali, e fecero opera da non sapersi desiderare più bella, nè migliore. Morto il Susini gli successe il nostro Francesco, e col figliuolo

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: «Io pago e aiuto questi miserabili, ed altri prenderà cura di far imbiancare le volte!» Non pertanto vennero i nuovi tempi per l’arte: ma noi prima di

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Ma prima di lasciare la scultura e le arti che hanno con essa una più stretta attinenza, non vogliamo passare sotto silenzio quelle dell’intaglio in

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riserva per le colpe del tempo, dalle quali non ebbe ingegno sufficiente a francarsi, può dirsi il Gherardini tra i buoni artisti d’allora. — GIULIANO

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A Pisa fiorì in questi tempi Giovan Battista Tempesti, che nel dipingere a fresco non mancò di merito. La sala nell’Arcivescovado di quella città

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dipinto prima d’ottenere codesto ufficio, nulla più fece poi; e abbandonati affatto i pennelli, parlò sempre ai giovani scuolari, ma non disse loro pure

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ed affetti, ebbe comune la fama del Mengs. Ma taluno vorrebbe considerarlo, e non senza ragione, più romano che lucchese, perchè a Roma solamente fece

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immaginava dipingere intieramente il Duomo di Firenze. Ebbe però non comune scienza degli usi, riti e costumanze antiche, e incise all’acqua forte, ma

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lo stato dell’arte quando essi fiorivano. Ingegno e pratica delle matite e dei pennelli non possono loro negarsi, ma erano nulla più che manieristi

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Non pertanto dalla scuola del Petroni, ma non già per le lezioni di lui, uscivano per recarsi a Roma a cercarvi perfezione nella pittura due

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con Arunte figlio di Tarquinio il Superbo, gli vadano innanzi per merito di composizione. Ma dove il Sabatelli non ebbe rivali fu nel dipingere a fresco

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mese), sia scusa sufficente appresso i saggi e i discreti del poco che abbiamo detto e delle mende che ci fossero uscite dalla penna; non paghi dell

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indietreggiare la pittura in Toscana; o non piuttosto, la spingesse in un sentiero meno lontano dalla perfezione? Le arti e le scienze non procedono nella

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Decamerone nello sfondo di una sala in casa Bossi nella istessa città, non fa mestieri giustificare là nostra affermazione.

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altro nei freschi. E sebbene oggi le opere che fece non sieno in fama come ai tempi della sua giovinezza, non possono negarglisi pregi nella

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.) non fu nell’arte da meno del padre e del fratello, e forse l’uno e r altro avrebbe superati se più lunga gli fosse durata la vita. Disegnò da prima

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, sali presto in fama. Non vuolsi però nascondere che ne’suoi dipinti spesso predomina alla verità del comporre una maniera teatrale, e alla correttezza

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ornati di stranissime fogge; la seconda barocca nell’insieme e nel disegno scorretta, non ha altro pregio tranne la tenacità della materia, la quale

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istorie artistiche non ignorano affatto, ebbe più vera e propria vita ai tempi del granduca Cosimo I de’ Medici, che con forte dispendio fondò un ricco

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non furono gli ultimi a farlo avanzare, operando nel duro metallo ciò che a stento si fa sulle tele e nei marmi; di essi e delle cose loro principali

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piuttosto alle matite. — Ma chi portò nell’arte toscana qualche miglioramento è GIOVAN BATTISTA Cecchi fiorentino (n. 1748, m. dopo il 1800). Non potendo

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dei meriti speciali delle stampe del Bartolozzi noi lasceremo agl’intendenti; ma non vogliamo passarci dal ricordare, con la scorta dei migliori che fin

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(1803); e questa con bell’esempio di non più veduta celerità, avendone al tempo istesso inciso il ritratto all’acqua forte sul rame, e tirate alcune copie

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miseramente; dopo quel tempo qualche sano intelletto non ancora affatto guastato dalla corruzione universale, tentò riprendere i buoni studj, e questi

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lui eseguita in Firenze nel 1787, insieme alla nuova disposizione interiore di quel pio luogo; e la fabbrica non spregevole del Conservatorio di

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E qui prima di ricordare la scuola del Morghen, vogliamo spendere qualche parola intorno a due celebratissimi artisti, che sebbene non Toscani

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la Bella di Tiziano e la Madonna della Seggiola. E di recente il solerte e valentissimo artista, ha intagliato due rami che ancora non sono di pubblica

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E qui torremo finalmente comiato, dolenti di aver poco e forse mal sodisfatto al merito degli artisti di cui osammo favellare. Non pertanto valga

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PAOLETTI fiorentino (n. 7 dicembre 1727, m. 19 febbrajo 1813). Dotato da natura di quel gusto squisito che le anime gentili sentono, ma che non s

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